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podcast

Le Figlie della Repubblica - Stagione 1

#Episodio 1

Maria Romana de Gasperi racconta il padre Alcide

SINOSSI

Dalla tragedia del fascismo alla rinascita delle libertà. De Gasperi è stata una figura centrale del secondo dopoguerra in Italia, nel passaggio alla democrazia e alla Repubblica. Questo podcast ci racconta, attraverso il racconto della figlia Maria Romana, come attorno alla sua guida i cattolici si sono riuniti nel partito della Democrazia cristiana e il paese abbia superato i difficili anni della ricostruzione, riconquistando lentamente una sua legittimazione in Europa e nel mondo.


BIOGRAFIA

De Gasperi (o Degasperi), Alcide. Statista e uomo politico democristiano (Pieve Tesino, Trento, 3 aprile 1881 – Sella di Valsugana, 19 agosto 1954). Fin da giovanissimo, grazie alla guida del sacerdote Vittorio Merler, fu avviato agli studi presso il collegio vescovile di Trento. Il periodo trascorso all’interno di questa istituzione si rivelò decisivo per determinare i tratti peculiari del suo credo politico. Nel 1905 ottenne la laurea in Lettere presso l’Università di Vienna e nel 1906 entrò nel Partito popolare trentino.

Nel 1909, facendosi portatore degli interessi culturali ed economici della sua regione, fu eletto consigliere comunale di Trento e, due anni più tardi, nel 1911, deputato nel collegio di Fiemme. Con l’approssimarsi della fine della Prima guerra mondiale sostenne la volontà delle popolazioni trentine di essere annesse all’Italia e, divenuto cittadino italiano a seguito dell’acquisizione di Trento e Trieste, entrò nel Parlamento nazionale come deputato.

La sua attività politica si intensificò particolarmente negli anni Venti del Novecento quando aderì al nuovo Partito popolare italiano (Ppi), organizzazione di ispirazione cristiana fondata e guidata da don Luigi Sturzo. Dopo la marcia su Roma del 1922 e l’avvento del fascismo al potere, De Gasperi sostituì Sturzo alla guida del partito, dopo che quest’ultimo ebbe deciso per l’esilio volontario.

Tuttavia, con il consolidarsi della dittatura, egli fu costretto a liquidare il Ppi e cessare per un breve periodo la sua attività politica. Nel 1927 fu arrestato con l’accusa di espatrio clandestino e rimase in carcere fino al 1928.

Dopo la scarcerazione, trovandosi in una situazione di precarietà economica e di isolamento morale, condusse un periodo di permanenza a Roma sotto la protezione del Vaticano, dove ebbe l’opportunità di analizzare il contesto storico in cui viveva e riflettere sulla nuova forma che avrebbe assunto la partecipazione dei cattolici alla vita politica italiana nel secondo dopoguerra. Nel 1943, in un clima di clandestinità, i cattolici italiani si riorganizzarono attorno alla figura di Alcide De Gasperi, fondando il partito della Democrazia cristiana.

Dopo la liberazione di Roma, il leader trentino ottenne la nomina di ministro degli Esteri nel secondo governo Bonomi e poi nel successivo governo Parri. Il 10 dicembre 1945 divenne Presidente del Consiglio e mantenne questa carica ininterrottamente fino al 1953, governando prima insieme ai socialisti e ai comunisti e, dopo il maggio 1947, soltanto con la partecipazione dei partiti di centro. Tra i principali protagonisti della ricostruzione post-bellica italiana, De Gasperi è considerato, insieme al tedesco Konrad Adenauer e al francese Robert Schuman, il padre fondatore dell’Unione Europea.

La convinzione personale di Alcide De Gasperi della necessità di trasferire il solidarismo cattolico sul piano internazionale è rappresentativa della sua idea di Europa. Egli dedicò l’ultima parte della sua vita alla realizzazione di questo progetto, con l’obiettivo di trasmettere alle generazioni future l’importanza di sostenere la pace e la sicurezza tra gli Stati. Nel 1952, ricevette il Premio Carlo Magno per il suo impegno nella diffusione dei valori europei e, nel 1954, fu eletto presidente dell’Assemblea della CECA come riconoscimento per il suo europeismo. Morì a Sella di Valsugana, circondato dai suoi cari, il 19 agosto 1954.


TRASCRIZIONE PODCAST

Mio padre e mia madre il sabato pomeriggio andavano a passeggio per le vie di Roma. Allora essendo vicino al Vaticano andava a via Cola di Rienzo in Prati. Scherzando, perché giocavano fra loro scherzando, si dicevano “che bello quest’armadio! Cosa dici lo compriamo? Sì lo compriamo. Ecco allora vabbè l’armadio” segnava poi andava in un altro negozio c’erano degli abiti carini “ti compro questo e tu mi compri quella”. Ecco e quando arrivava a casa poi ce lo raccontavano. “Allora cosa avete comprato? Ah abbiamo comprato un tavolo meraviglioso, un vestito, una cosa stupenda” e lui a ridere, contenti che loro fossero contenti e noi anche.

Le figlie della Repubblica è un podcast della Fondazione De Gasperi realizzato in collaborazione con il Corriere della Sera e con il sostegno della fondazione Cariplo, una serie di ritratti molto speciali delle grandi figure della nostra Repubblica raccontate da un punto di vista più vicino, più familiare e più intimo: quello delle loro figlie. Sono Alessandro Banfi e in questa puntata siamo venuti a trovare Maria Romana De Gasperi, classe 1923, presidente onoraria della fondazione dedicata ad Alcide De Gasperi, suo padre. Questo nome Alcide De Gasperi, suo padre,  è un nome che tutti abbiamo sentito ma che pochissimi conoscono davvero. È un uomo che ha fatto moltissimo per il suo paese con effetti che ancora oggi viviamo a quasi 70 anni dalla sua morte. Nasce nel 1881 da una famiglia povera e profondamente cattolica, tra le montagne del Trentino quando era ancora parte dell’Impero austro-ungarico e che con la fine della prima guerra mondiale diventò italiano. Entra in Parlamento nel 1921 con il Partito Popolare italiano che raccoglie i cattolici di tutti gli orientamenti e sotto il fascismo prima è incarcerato e poi è costretto a vivere in povertà. Durante la resistenza, è la fine della Seconda Guerra Mondiale, si afferma come leader del partito dei cattolici, la Democrazia Cristiana, e guida la ricostruzione della Repubblica sorta dalle ceneri della guerra fino al 1954. Partiamo da uno dei momenti più tragici della vita di De Gasperi e del nostro paese: nel 1925 l’Italia precipita nella dittatura, Mussolini sopprime la libertà politica e di pensiero, rafforza i suoi poteri discrezionali, proclama lo stato fascista, inizia il confino e l’esilio per gli oppositori. Sembra una potenza inarrestabile e De Gasperi anche se viene emarginato soffrendo la povertà, ha una visione molto chiara del futuro del Fascismo.

Quando il fascismo era incominciato da poco mio padre, facendo una passeggiata nei dintorni di San Pietro all’inizio della via della Conciliazione, con un suo amico, anche questo antifascista, gli chiese “Secondo te quanto durerà il fascismo” e mio padre gli rispose “vent’anni”, certo non poteva immaginare la guerra ma in qualche modo il fascismo avrebbe dovuto perdere le sue forze.

Sono anni difficilissimi come possiamo immaginare. È arrestato nel 1927 e condannato a quattro anni di carcere per motivi politici e si sente abbandonato dalle gerarchie ecclesiastiche, soffrendo perché per un uomo di fede come lui, profondamente affezionato alla chiesa, è importante sentirne l’appoggio. Spesso si sente abbattuto e scrive che “quando ricevo la comunione pare che Cristo non risponda ma mi lascio un’impronta nello spirito”.

Abbattuto nel senso interiore sì, ma vedeva bene le difficoltà che c’erano. Fu per lui una grande fortuna essere preso in un posto anche estremamente modesto come impiegato in Vaticano. Intanto perché era più sicuro ma soprattutto lentamente un anno dopo l’altro aveva incominciato ad avere incontri interessanti. Aveva la possibilità di leggere i giornali delle altre nazioni, cosa che in Italia non era facile avere. Quindi questo gli dava anche forza.

Sono anni di studio intenso e di contatti quasi impossibili con i suoi vecchi compagni di partito. De Gasperi soffre e resiste, anche se il futuro per molti anni non ha mai un colore diverso dal nero. Cerca però ogni occasione per raccogliere anche solo poche briciole di speranza. Una delle armi è una risorsa interiore, risorsa che oggi potrebbe apparire per molti illusoria ma che per lui è decisiva.

Dopo che è mancato io ho raccolto tutte le sue carte e ho trovato vari bigliettini piccoli scritti da lui dove si capiva che erano scritti in un momento di difficoltà o di dispiacere, scritti purtroppo spesso anche in latino, dove chiedeva  “Signore aiutami oggi questo non va bene” cioè c’era un colloquio se vogliamo dire, una richiesta di una presenza del Signore, sempre. E questa è una parte della quale pochissimi libri su mio padre hanno parlato perché è difficile, non era un uomo che andava nelle chiese a pregare a farsi vedere, no se ci andava andava da solo.

De Gasperi quindi è certo che prima o poi la vita cambierà, il futuro possibile che sogna però ci avrebbe messo un po’ ad arrivare. Intanto deve affrontare una vita molto modesta e passa quasi 20 anni tra la biblioteca dove lavora e la famiglia in giornate che si potrebbero facilmente immaginare come tranquille è un po’ tristi. Ma non è questa l’atmosfera che si respira in casa.

Da bambine dopo la messa ci portava a comprare le paste e questa per noi era una cosa importantissima. Anche perché mio padre soldi non ne aveva mai, come impiegato vaticano non era molto pagato e quindi ne avevamo una per uno. E guardavamo quella che era più grossa. Poi ci veniva messo in un pacchettino e dovevamo mangiarla a casa. Qui abbiamo imparato io e mia sorella più grande che cos’è anche l’attesa, la pazienza, il piccolo sacrificio. Noi non ci siamo mai, mai accorte che in fin dei conti facevamo una vita di una modestia assoluta e due paia di scarpe per esempio era il massimo che potevamo avere. Un paio per quando era brutto tempo, un paio per quando era bello. Tutte cose che ci sembravano naturali.

La vita povera è difficile insomma non intacca il buonumore e la serenità che si respira in casa. Il futuro che sogna De Gasperi non è dietro l’angolo e per raggiungerlo si deve passare attraverso la guerra. Chiama l’Italia e la libertà, è stritolato dal dilemma degli eventi perché il fascismo ha trascinato l’Italia in guerra e un eventuale vittoria dell’asse con la Germania rafforzerebbe la dittatura. Sono anni molto angosciosi, un momento di sospensione e gonfio di attesa, di preparazione silente, di speranza dolorosa, abbastanza tragico perché la libertà sarebbe venuta dopo la fine della guerra. E quindi quando si avevano, mi ricordo, i bollettini di guerra negativi verso la fine anche se gli antifascisti ascoltavano queste cose attraverso la radio che era proibito allora, non ho mai visto mio padre contento di una sconfitta della morte di gente. Anche se questo avrebbe portato alla libertà.

Io penso che mio padre era consapevole che se ci fosse stata la libertà lui sarebbe stato richiamato a sostenerla e questo perché mi ricordo che quando ero ragazzina ogni tanto era possibile che in casa arrivassero due tre antifascisti che potevano essere possibili democristiani o no ma comunque gente che aveva sofferto con il fascismo e naturalmente aveva perduto lavoro e ha perduto tutto, però aveva mantenuto il desiderio e la voglia, il bisogno di libertà.

Ma con le sconfitte della guerra e la resistenza si riformano i partiti liberi, già nel 1942 viene creata clandestinamente la Democrazia Cristiana. Il giorno delle conquiste di libertà finalmente arriva con il referendum per la scelta tra Repubblica e monarchia e con l’elezione dell’assemblea costituente. È il 2 giugno 1946, dopo oltre 20 anni dalle ultime consultazioni elettorali e per la prima volta nella storia del paese, anche alle donne è concesso il diritto di voto. Vince la Repubblica con 12 milioni e 700 mila voti contro i 10 milioni e 700 mila voti della monarchia. Dopo i primi governi di coalizione antifascista De Gasperi assume i poteri di Capo provvisorio dello stato. E in seguito diventa il primo Presidente del consiglio.

Mia mamma e mio padre ed io potevamo votare, ma nessuno diceva per chi avrebbe votato, mio padre non lo voleva dire perché sapeva molto bene che una parte delle persone che avrebbero votato De Gasperi ossia la Democrazia Cristiana, magari avrebbero votato per la monarchia, soprattutto nell’Italia del Sud dove erano più monarchici e quindi lui fino all’ultimo non dichiarò per chi voleva votare. Io invece che ero meno importante facevo dei gran cartelli con scritto “Viva la Repubblica”. Mia mamma stava zitta non parlava e credo che mia madre abbia votato per la monarchia alla fine perché le signore del suo tempo molte votavano. Mio padre me lo disse dopom l’Italia diventa finalmente una democrazia. Ma è solo l’inizio di un cammino che sarà difficilissimo perché l’Italia è anche tra i paesi che hanno causato la guerra e l’hanno persa eppure le viene concessa la parola alla conferenza di Parigi nel 1946 e proprio a De Gasperi. È un antifascista, ha vissuto la prigione, ha sempre lottato per la libertà, in quel momento per ora rappresenta l’Italia, una nazione colpevole e sconfitta. Salendo su quel podio De Gasperi sa perciò che prende su di sé responsabilità non sue ma del Regime e pronuncia delle parole che resteranno famose

“Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto tranne la vostra personale cortesia è contro di me. E soprattutto la mia qualifica di ex nemico che mi fa considerare come l’imputato. E l’essere citato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa elaborazione”.

Quando finì il discorso ci fu un silenzio assoluto, nessuno battè le mani, nessuno disse niente e lui scese da questo posto alto dove si vedono le fotografie nel grande silenzio. E andò verso la fine della sala. L’unico che si alzò e che gli diede la mano fu il rappresentante americano, e questo gli allargò l’animo perché capì che in qualche modo sarebbe poi stato aiutato, perché si trattava sì di aver preso su di sé tutto quello che c’era stato di negativo nella guerra, però bisognava cominciare di nuovo e bisognava cominciare con delle persone serie, gente che si era personalmente salvata da qualsiasi interesse, da qualsiasi cosa al facessimo e al nazismo.

L’altro grande momento difficile e decisivo per le sorti dell’Italia è il viaggio a Washington dal 3 al 16 gennaio 1947 quando la guerra fredda fra americani e russi è già cominciata. Gli americani lanciano il piano Marshall, un vastissimo programma di aiuti per ricostruire i paesi distrutti dalla guerra. C’è ovviamente un obiettivo politico, dare stabilità ai paesi europei, soprattutto quelli che hanno fortissimi partiti di sinistra per evitare che si avvicinino all’Unione Sovietica. Aderire al piano Marshall è una scelta di campo che De Gasperi non esita a fare, una scelta che assicura la rinascita del paese.

Quando andammo con questa aereo abbiamo avuto alcune preoccupazioni, non noi ma certamente chi lo pilotava, perché era un aereo pesante che volava a basso non poteva alzarsi più di una certa possibilità. Era un quadrimotore si chiamava, mi ricordo, skymax, per un paio di volte abbiamo avuto dei problemi perché il vento era contrario quindi consumava troppo a benzina. Dovemmo scendere due volte in un’isola per prendere altro carburante. E quando arrivammo abbiamo avuto incontri incredibili con associazioni italiane di tutti i tipi e tutti ci facevano festa. Mentre papà cercava degli accordi o comunque degli incontri con dei personaggi americani questo avveniva poco ancora, sembrava che ci stessero a guardare . Finalmente uno degli ultimi giorni durante un ricevimento mio padre mi avvicinò mi dice sei “Ho paura che questa volta non riceveremo niente, dovremmo andare via così”. Due giorni dopo venne accolto  dal governo e gli fu data la possibilità economica di ricominciare a lavorare, perché era quello che si chiedeva, per avere la possibilità di avere del denaro per lavorare perché l’Italia era distrutta. 

Può cominciare a ricostruire, lavorare e vivere e il primo atto di questa nuova vita sono le elezioni del ‘48 che diventano uno scontro fra le sinistre socialista e comunista che vogliono importare lo Stato socialista e le forze liberali guidate dalla Democrazia Cristiana. L’Italia sta decidendo da che parte stare e questo segnerà i decenni successivi. Lo scontro è durissimo, un po’ come oggi nei social dove l’urlo è la regola ma De Gasperi non è d’accordo con questo tipo di linguaggio e preferisce usare altre armi. 

Fermò alcuni della DC per le loro risposte troppo forti. Allora non piaceva combattere con brutti disegni con brutte idee, con cose era meglio scrivere, però insomma quella era la libertà e doveva lasciarlo fare. Non si è mai lamentato per quello che vedeva di se stesso, per i manifesti negativi, e poi mi ricordo che i ragazzi della DC quando venivano fuori questi manifesti contro di lui li coloravano quindi non si vedevano neppure. Offeso da certe cose sì, dispiaciuto anche, arrabbiato non l’ho mai visto, non sapeva nemmeno le parole che si devono usare in una sfuriata assolutamente. Sapeva soffrire la responsabilità, il carisma e i successi portano De Gasperi a essere una delle persone più famose in Italia e suscita manifestazione di entusiasmo in tutti i posti che raggiunge per fare i comizi in vista delle elezioni così decisive del ’48 dove la DC otterrà il 35% dei voti e nota il grande pericolo che porta la fama, qualcosa che non tutti quando si trovano in questa posizione hanno il coraggio di riconoscere. Mi ricordo che nel lungomare della Liguria aveva avuto un grosso discorso e poi andando avanti la macchina passava da un paese all’altro perché la Liguria ha tutti i paesi e sul mare e ogni volta si doveva fermare la macchina e quando si andava così la gente veniva addosso alla macchina e con le mani attaccate perché allora la polizia c’era uno davanti con la moto e uno dietro, basta. E mio padre mi disse “ecco vedi capisco Mussolini quando la gente ti grida e ti dice viva sei bravo. Dai è facile poi sentirsi importanti, credere di essere qualcuno”.

L’antifascista, il portavoce delle speranze italiane, il presidente del consiglio, il Montanaro De Gasperi fino a 60 anni non era mai stato più a sud di Roma. Eppure fu uno dei politici più sensibili ed efficaci nel promuovere le cause dello sviluppo del Mezzogiorno. Dopo la guerra nel sud distrutto e arretrato, l’opposizione sociale comunista cerca di influire mentre sul fronte opposto era molto forte l’influenza degli agrari e quindi necessaria un’azione che raffreddi la temperatura del conflitto di classe e tolga benzina all’odio sociale. Tra il 1950 e il 1952 arrivano così le riforme del governo De Gasperi: la cassa per il mezzogiorno, la riforma agraria, la legge speciale per lo sfollamento dei Sassi di Matera. il viaggio a Matera infatti lo colpisce al cuore quando scopre le condizioni orrende dei ventimila contadini che abitavano Le Grotte della città vecchia. Ha una reazione che non ci si aspetta.

Per lui sembrò una cosa impossibile, si mise a piangere, perché non è possibile che la gente sia stata lasciata in questa situazione a vivere. E tanto è vero che immediatamente fece subito costruire delle case sopra, e sopra io andai tanti anni fa a vedere, c’è uno statua di mio padre con due scalini sotto e non c’è scritto Alcide De Gasperi e dissi “ma scusatemi non c’è scritto” dice “Ma scherzi chi non sa che è De Gasperi” per loro era stata una sorpresa immensa trovare qualcuno del governo che si occupasse davvero perché noi oggi non possiamo neanche immaginare che cos’era allora. La gente dormiva nelle camere con l’asino, con il pozzo dell’acqua, con tutto quello che si può immaginare, ed era una grande cittadina, mica piccola. Com’è possibile che un governo non si sia mai accorto di una cosa simile. Perché non è una povertà, era come un secolo prima. Mio padre fece tanto per il sud perché non conosceva il sud. Naturalmente prima perché era nato nel nord, era vissuto come giovane in Austriai e dopo perché il fascismo ogni permetteva di andare in giro, quindi al massimo che conosceva era appunto la parte centrale ma giù no. Siccome la prima volta che siamo andati giù siamo andati con un aereo fino a Napoli e da sopra si vedeva le distruzioni che non c’era mica la televisione. Non si sapeva come erano le cose e le strade che andavano nel sud erano tutte bombardate, rotte, l’Italia era disastrata. Il suo andare in America a chiedere aiuto era quasi un disperato, perché “come facciamo”?

De Gasperi non è solo uno dei Padri dell’Italia ma è anche uno dei Padri dell’Europa. L’Italia secondo lui può crescere solo dentro un’Europa Unita solidale, consapevole delle proprie radici, orgogliosa del proprio presente e pronta a costruire un destino comune. Le grandi imprese lo sappiamo non si fanno mai da soli e come trovò dei grandi alleati sulla scena politica italiana, così ritrovò anche sulla scena Europea. Il francese è Robert Schumann e il tedesco Konrad Adenauer, alleati che diventeranno veri amici. Schumann era un uomo dolce, gentile, veramente una persona carissima. Eppure molto coraggiosa e decisa su questa unità Europea. Adenauer era un uomo che aveva su di sé tutto l’orrore che aveva fatto la Germania e si sentiva che lui era così. Quanto soffriva di dover rappresentare un paese come il suo. Loro hanno lavorato in modo che fosse impossibile staccarsi. Perché certe situazioni e certi fattori economici erano talmente ormai legati che slegarli sarebbe stata una guerra, non c’era più possibilità. Questa è stata la loro intelligenza. 

Vogliamo lasciarvi con un racconto più intimo che ci racconta però di come anche nei momenti più difficili De Gasperi non si lascia andare e per esempio usa il confino a cui lo costringe il regime per fare da cicerone alle figlie per comunicare l’amore che aveva per la città di Roma.

Lui per esempio amava questa città pur essendo obbligato a stare qua perché il fascismo non lo lasciava andare in giro non era libero in un certo senso. Tutti i monumenti dell’antichità lui ce li ha fatti conoscere domenica per domenica con la storia. Noi sapevamo che cosa c’era in qualunque punto. Abbiamo amato alla fine questa città in quello che era l’antichità.

Quello che abbiamo voluto raccontarvi è semplicemente un uomo, non era un eroe non aveva niente di diverso da noi, era una persona normale che ha creduto profondamente in un ideale che ha messo a servizio del suo paese e questo cercheremo di raccontarvi nelle prossime puntate. Uomini e donne normali che avevano un ideale per cui lottare e grazie al quale dare un contributo alla rinascita del proprio Paese anche quando le cose come abbiamo sentito non sembravano andare per il verso giusto come a pensarci bene ognuno di noi può fare sempre anche nel suo piccolo. 

Le figlie della Repubblica è una delle iniziative che trovate su www.fondazionedegasperi.org, grazie al contributo di Fondazione Cariplo e al sostegno dell’Istituto Gentili, nata da un’idea di Martina Bacigalupi e realizzata da WIP Italia. È stato raccontato da me, Alessandro Banfi, ed è stato scritto e diretto da Emmanuel Exitu. Con la supervisione storica di Antonio Bonatesta e la collaborazione degli amici giovani della Fondazione De Gasperi nelle persone di Martina Bartocci, Iacopo Bulgarini, Miriana Fazzi, Federico Andrea Perinetti, Gaia Proietti, Luca Rosati, Sound Design di Valeria Cocuzza, registrazione in studio di Marco Gandolfo, per una produzione WIP Italia.


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