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30 Luglio 2020

Giocatore o scacchiera? L’Unione Europea al tempo della Covid-19

Se sembra complicato prevedere gli effetti di lungo termine di questa crisi sugli equilibri internazionali, possiamo già affermare che questa pandemia sta agendo da catalizzatore accelerando due processi già in atto da diversi anni: la crisi del multilateralismo e il ritorno della politica di potenza.

Le reazioni all’emergenza Covid-19 confermano come sia impossibile immaginare oggi un rilevante problema di politica mondiale risolto (pacificamente o meno) da un solo attore statale. Nel contesto geopolitico attuale è l’interazione tra almeno quattro grandi attori a determinare il corso degli avvenimenti: gli Stati Uniti, la Cina, la Russia e, se lo desiderasse, l’UE. In questa nuova realtà multipolare, già altri attori regionali stanno emergendo, ma le quattro elencate sono sicuramente le grandi potenze che influenzeranno la prima metà del XXI secolo: la prima rappresenta il potere stabilito, la seconda quello emergente, la terza quello calante, la quarta un potere in corso di trasformazione.

Per comprendere i destini di un multilateralismo attualmente in crisi è importante capire come queste quattro grandi potenze si posizioneranno. Se condivideranno il potere scegliendo di cooperare, il multilateralismo potrà riprendersi e tornare a prosperare, anche se dovrà essere adattato ai nuovi equilibri di potere. Se invece competeranno per imporsi come forza dominante, il multilateralismo potrebbe entrare definitivamente in crisi o divenire forse ancora più importante, come mezzo per stabilizzare le relazioni e prevenire i conflitti tra le grandi potenze. In ogni caso, l’Unione Europea ha l’opportunità di giocare un ruolo determinante, ma solo se saprà superare le sue divisioni interne.

GIOCATORE O SCACCHIERA?

La crisi coronavirus e le recenti escalation militari in Siria e Libia sono gli ultimi avvertimenti affinché Paesi membri e UE comprendano che, in un mondo sempre più geopoliticamente complesso, una strategia per rimanere rilevanti nello scacchiere mondiale non è solo necessaria ma essenziale per preservare gli interessi e i valori europei.

La Russia è riuscita ad affermarsi come attore rilevante in Medio Oriente e continua ad aumentare la sua influenza globale intensificando il suo impegno in altre regioni come Africa e vicinato europeo. Appare ormai chiaro come Mosca sia disposta a utilizzare senza alcuno scrupolo le sue forniture energetiche, le sue cyber capabilities e le sue raffinate strategie di disinformazione a proprio vantaggio.

La posizione della Cina sta diventando sempre più assertiva, sia sul piano interno e regionale che a livello globale.  Pechino usa il suo potere economico in maniera strategica per aumentare la sua forza a livello geopolitico e il suo capitalismo di Stato per influenzare il mercato internazionale. L’approccio di Pechino nei confronti di Hong Kong, Taiwan e le contestate manovre nel Mar Cinese Meridionale sono una chiara testimonianza di questa nuova postura strategica.

La Turchia è nel frattempo diventata sempre più audace nel perseguire i suoi fini geostrategici andando spesso a ledere gli interessi degli attori europei. Ankara sfrutta abilmente i flussi migratori ed è impegnata con nuova decisione in conflitti regionali: più apertamente in Siria, più velatamente in Libia.

Infine, l’Arabia Saudita fa leva in maniera sempre più speculativa sulle sue risorse energetiche per aumentare o difendere la propria influenza a livello globale. Infine, gli Stati Uniti sotto Trump sembrano disposti a sfruttare la dipendenza europea dalla NATO e dal dollaro per raggiungere obiettivi politici a breve termine.

In generale, la tendenza che si può osservare sulla scena globale è che gli attori internazionali e regionali sembrano essere diventati riluttanti a separare il funzionamento dell’economia globale dalla concorrenza geopolitica e dalle dinamiche di potenza. Questa rappresenta una cattiva notizia per l’Unione Europea, che avrebbe il potere di mercato, le spese per la difesa e il peso geopolitico per risolvere le sue vulnerabilità e ritrovare un ruolo di leadership. Tuttavia, senza un repentino cambio di rotta, l’Unione rischia di diventare, piuttosto che un attore chiave, la scacchiera su cui altri attori competono per influenzare l’ordine globale.

UN’UNIONE IN CORSO DI TRASFORMAZIONE

All’indomani di questa crisi, i Paesi membri dell’Unione avranno il difficile compito di trovare un nuovo assetto interno e un nuovo approccio allo scenario globale. Il raggiungimento di questo obiettivo passa attraverso la necessità di dare all’UE una politica di sicurezza e di difesa comune funzionante, l’autorità strategica di cui ha bisogno e una rinnovata visione della diplomazia internazionale. Andando in questa direzione, negli ultimi anni, l’Unione si è dotata di strumenti nuovi per perseguire i suoi scopi. Se gli stati membri sapranno condurre a buon fine iniziative inedite come il lancio della cooperazione strutturata permanente (PESCO), la creazione del Fondo Europeo per la Difesa o l’istituzione della DG Difesa all’interno della Commissione Europea, l’UE potrà integrare il suo potere politico ed economico con una certa capacità di azione strategica autonoma.

La quasi totale assenza di coordinazione a livello transatlantico nel rispondere al coronavirus suggerisce poi come un rinnovamento della strategia dell’UE dovrebbe passare dal il riconoscimento che l’alleanza con gli Stati Uniti da sola non è più sufficiente. Gli Stati Uniti sostengono fortemente l’Europa, attraverso la NATO e il suo impegno militare ai confini orientali. Washington tuttavia persegue politiche che sono direttamente in contrasto con quelle dell’UE. Un esempio palese è rappresentato dal sostegno americano all’Arabia Saudita contro l’Iran, un contesto dove l’UE, piuttosto che schierarsi, è incline a riconoscere che entrambi gli attori debbano essere responsabilizzati al fine di creare un nuovo equilibrio regionale. Anche il protezionismo economico americano e il conseguente indebolimento delle relative strutture multilaterali, come nel caso del blocco del meccanismo di risoluzione delle controversie dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, vanno contro gli interessi dell’UE.

Inaugurare nuove strategie di cooperazione con altri attori globali e regionali potrebbe essere dunque il giusto modo non solo per far tornare l’UE ad essere un polo di gravità determinante, ma anche per rinnovare il sistema del multilateralismo. Un’Europa unita avrebbe la forza di trasformare, piuttosto che semplicemente preservare il sistema esistente, prevenendo l’emergere di raggruppamenti alternativi (a quello europeo/occidentale) che danneggerebbero sia gli interessi dei singoli Paesi membri, che la comunità internazionale tutta.

Tuttavia, il principale presupposto al successo del rilancio del ruolo dell’Unione è la sua coesione interna. I Governi degli Stati membri, che finora hanno costantemente preferito anteporre gli interessi nazionali a quelli comuni e servire i loro scopi politici interni, dovranno intensificare i loro sforzi. In questo senso, la prima risposta dell’UE a questa pandemia non fa ben sperare. Ma ritrovare unità di intenti è probabilmente l’unico modo per provare a (ri)costruire un’Unione Europea in grado di prosperare e rinnovare la sua leadership in un mondo dove il multilateralismo annaspa e la politica di potenza sembra aver trovato nuova forza. L’alternativa è desolante ed è quella di un inarrestabile declino della stella europea.

 

Mattia Caniglia


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