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18 Marzo 2020

Il Coronavirus e gli effetti sull’economia in Italia. Parla l’economista Bracco

di Emanuele Lorenzetti

Il Coronavirus non rappresenta solo una crisi epidemiologica, ma anche una forte crisi sociale ed economica. Capire, allora, quali sono gli effetti sull’economia del nostro Paese e con quali misure rispondere è una priorità. Sul tema la Fondazione De Gasperi ha sentito il parere dell’economista Emanuele Bracco, professore all’Università di Verona con un passato alla Lancaster University, un PhD in Economics presso la University of Warwick e un MSc in Economics presso la London School of Economics.

 

Professore, il Coronavirus sta generando conseguenze sull’economia in Italia: quali settori investe e come rispondere?

I primi settori ad essere colpiti globalmente sono stati i cosidetti settori di “luxury” (lusso) e “leisure” (trasporti, ristoranti, alberghi). Ora che la situazione è molto più drammatica e non solo confinata alla Cina, sono davvero pochi i settori che non sono direttamente colpiti da questo blocco, sia per mancanza di domanda che per la difficoltà di organizzare la produzione durante una quarantena. Sicuramente ospitalità, commercio, turismo sono i primi a soffrirne, ma anche i settori manifatturieri più legati alle importazioni cinesi soffriranno. Le catene globali del valore hanno assunto un ruolo sempre più centrale nella manifattura e sempre più settori necessitano di componenti di produzione cinese. In questo senso i settori più colpiti saranno ancora una volta il tessile e l’elettronica, ma anche l’automotive. Se poi questa epidemia continuerà per altri mesi, molte piccole e medie imprese di tutti i settori soffriranno crisi di liquidità e alcune necessariamente andranno in fallimento. In tutto questo ovviamente il settore bancario sarà sotto forte stress, e ci si aspetta che la Banca Centrale Europea faccia il suo lavoro per evitare conseguenze disastrose per l’economia, come il fallimento di banche importanti.

 

Quali sono le misure più efficaci per evitare il fallimento di aziende e servizi pubblici, il potenziale licenziamento dei dipendenti e la perdita di lavoro per i professionisti?

Innanzitutto nei prossimi mesi ci sarà bisogno di un importante investimento in sanità, sia in termini di macchinari che di personale. Secondariamente, nel decreto di ieri il governo ha iniziato a stanziare fondi per far fronte a questa situazione. Sicuramente sussidiare partite IVA e piccoli imprenditori il cui reddito è stato azzerato dal lockdown è necessario, così come è necessario ampliare il ricorso alla cassa integrazione, e mantenere le altre misure di sostegno al reddito per i meno abbienti come il reddito di cittadinanza (che può, ovviamente, essere migliorato). Rispetto invece alle scadenze fiscali sembra che il governo sia stato invece molto molto timido, semplicemente posticipando alcuni pagamenti fiscali di pochi giorni. Gli obblighi fiscali delle aziende colpite dovrebbero invece essere rimodulati in modo molto più incisivo e – mi si consenta – tempestivo: posticipare di quattro giorni senza avere neanche il testo del decreto nel giorno della scadenza non aiuta certo le imprese a far fronte a questa emergenza.

 

Il Governo ha scelto di stanziare 25 miliardi di euro per imprese e famiglie. Non appena terminata la fase di quarantena, quali misure consiglierebbe per stimolare l’economia?

 

Questa pandemia è una specie di tempesta perfetta, che mina sia il lato della domanda che quello dell’offerta. Il governo dovrà agire su vari fronti. Dal lato dell’offerta sicuramente sostenere la liquidità delle aziende colpite dalla crisi ad esempio attraverso prestiti agevolati. Dato che questa epidemia sicuramente non sparirà il 2 Aprile, si dovrà anche pensare a incentivare direttamente la messa in sicurezza delle aziende, incentivando piani aziendali di smart working o distanziamento sociale; questi per altro potrebbero anche contribuire all’ammodernamento tecnologico (e quindi alla produttività) di molte piccole imprese che sono mediamente meno attrezzate da questo punto di vista. Questo tipo di ammodernamento sarebbe anche di grandissima utilità nella pubblica amministrazione che – con l’eccezione forse di alcune scuole e quasi tutte le Università – si trova in grande difficoltà nell’affrontare la gestione della “produzione” tramite modalità di lavoro remoto a causa delle rigidità amministrative del nostro sistema. Penso ad esempio all’impossibilità di fare udienze di tribunale tramite teleconferenza, o alla possibilità che queste settimane di sospensione delle udienze giudiziarie possano essere utilizzate per colmare parte delle cause pregresse accumulate.

Questo andrà unito ad un’importante azione di sostegno alla liquidità delle banche da parte della banca centrale. Ci saranno sicuramente molti fallimenti che andranno ad indebolire la situazione patrimoniale delle banche, e non ci possiamo aspettare dal settore bancario una generosità nel concedere prestiti alle aziende, anche in presenza di politiche monetarie particolarmente creative ed espansive.

Dal lato della domanda invece diventano fondamentali sia il sostegno al reddito di coloro sono stati maggiormente colpiti dalla crisi, sia investimenti pubblici diretti di stimolo a consumi e investimenti: sicuramente in sanità, ma anche i tanto decantati investimenti infrastrutturali non potranno che contribuire all’uscita dalla crisi. In questo senso istituzioni come la Banca Europea degli Investimenti o la Cassa Depositi e Prestiti potranno assumere un ruolo importante. Un altro importante canale di sostegno dei consumi potrebbe venire dall’attuazione di misura al sostegno della famiglia, con un riconoscimento non solo simbolico (e non solo per il sempre più esiguo numero di lavoratori dipendenti) dei carichi familiari, ad esempio attraverso l’assegno unico per i figli, o misure universali analoghe.

Tutto questo ovviamente necessita che la Commissione Europea sia efficace nel garantire ai paesi con minore spazio fiscale come il nostro la capacità di far fronte a queste spese necessarie per la sopravvivenza di molti italiani, e per la sopravvivenza anche del tessuto produttivo italiano. Spero infine, forse contro ogni ragionevole speranza, che la crisi ci darà anche la possibilità di ragionare delle tante scelte di politica economica profondamente sbagliate di questi ultimi anni, che ci hanno portato ad avere livelli di debito altissimi e spazi autonomi di manovra davvero esigui a fronte – ad esempio – di una riduzione in termini reali della spesa sanitaria. Penso ad esempio a tutte alle politiche fiscali che stanno disincentivando il lavoro (quota 100, alcuni aspetti del reddito di cittadinanza) o sostengono con la fiscalità generale aziende di dubbio interesse strategico (Alitalia, molte municipalizzate inefficienti, eccetera) o alle politiche salariali della pubblica amministrazione ancora scollegate da dinamiche premiali e meritocratiche.


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