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10 Gennaio 2017

L’ERA DI BERGOGLIO: LA CHIESA ALLA SUA PROVA DI MODERNITA’

«Da dove ha origine il fatto che la mia volontà tenda al male e non al bene? Si tratta forse di una giusta punizione?»
(Sant’Agostino d’Ippona, Le Confessioni)

L’interrogativo, posto da Sant’Agostino nella stesura del suo testo cardine, riecheggia attuale e con ugual enfasi ai giorni nostri, nella visione globale degli scenari macro politici mondiali. Molti i fronti bellici ancora in corso ed oramai nota la mission del pontificato di Papa Bergoglio, sulla cui pacifica e manifesta azione  in molti hanno criticamente scritto. Analizzandone dunque l’operato, tra le dichiarazioni rilasciate e gli incontri istituzionali sostenuti, divengono di fatto tangibili due chiavi di lettura:

  • il diritto umanitario, la cui funzione è quella di tutelare le popolazioni civili inermi in situazioni di grave emergenza, e il cui rispetto secondo il Papa deve essere al primo posto; 
  • il multipolarismo,  ossia un sistema di politica internazionale con cui affrontare le aree di crisi con un’azione multilaterale, cercando costantemente la mediazione con il supporto della comunità internazionale e l’insieme degli enti presenti e attivi nel comparto.  

Per quanto riguarda le politiche attuate dai precedenti pontefici, il modus operandi spesso metteva in risalto differenti obiettivi, quali ad esempio la priorità in politica estera di abbattere la cortina di ferro e i regimi comunisti di Giovanni Paolo II, o la “ri-cristianizzazione” dell’Occidente perseguita con fervore da Benedetto XVI; Papa Francesco, invece, «avverte come emergenza ineludibile, porre fine alla “terza guerra mondiale combattuta a pezzi” che produce migliaia di morti, rifugiati e distruzione». Certamente, però, la Santa Sede di Bergoglio è assai meno atlantica di quella di Wojtyla e di Ratzinger. Recentemente, in un’intervista concessa alla testata belga Tertio in occasione della conclusione del Giubileo straordinario della misericordia, spaziando tra i temi della laicità, della Chiesa moderna nella società sino alle sfide per i giovani e l’Europa, Papa Bergoglio ha denunciato apertamente, ribadendolo tra i principali temi oggetto di attenzione e condanna, il terrorismo. Se ne ricava ad ora il seguente quadro: 

Nessuna religione giustifica la guerra. Il Papa, rispondendo ad una domanda sulle guerre e il fondamentalismo religioso, dice: «Nessuna religione come tale può fomentare la guerra», perché in questo caso «starebbe proclamando un dio di distruzione, un dio di odio». Francesco ribadisce inoltre che «non si può fare la guerra in nome di Dio», «in nome di nessuna religione». Per questo, «il terrorismo, la guerra non sono in relazione con la religione». Quello che succede è che si «usano deformazioni religiose per giustificarle». Il Papa, poi, nel riconoscere che «tutte le religioni hanno gruppi fondamentalisti» sottolinea come la nostra non si sottragga a ciò.

Religione, vita pubblica e stato laico. Sospinto ad analizzare come le politiche attuali inducano la religione ad essere sempre più distante e relegata alla vita privata di ogni singolo uomo, tendenza nei fatti contraria ad una Chiesa missionaria in uscita verso la società, Papa Bergoglio risponde: «Questa impostazione è un’impostazione antiquata», e prosegue: «Il Vaticano II ci parla dell’autonomia delle cose, dei processi e delle istituzioni. C’è una sana laicità, per esempio la laicità dello Stato. In generale, uno Stato laico è una cosa buona; è migliore di uno Stato confessionale, perché gli Stati confessionali finiscono male. Però una cosa è la laicità e un’altra è il laicismo. Il laicismo chiude le porte alla trascendenza, alla duplice trascendenza: sia la trascendenza verso gli altri e soprattutto la trascendenza verso Dio; o verso ciò che sta al di là. E l’apertura alla trascendenza fa parte dell’essenza umana. Fa parte dell’uomo. Non sto parlando di religione, sto parlando di apertura alla trascendenza. Quindi, una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza della persona umana, “pota”, taglia la persona umana. Ossia non rispetta la persona umana».

Media, comunicazione e impatto sociale. È notorio ad oggi il ruolo ricoperto dai mezzi di comunicazione in tutte le sue forme e per tutte le classi del tessuto sociale. Papa Bergoglio non tralascia dunque il suo pensiero inerente ai media e alla importante funzione da essi svolta: «I mezzi di comunicazione hanno una responsabilità molto grande. Al giorno d’oggi hanno nelle loro mani la possibilità e la capacità di formare un’opinione: possono formarne una buona o una cattiva opinione. I mezzi di comunicazione sono costruttori di una società. Di per sé stessi, sono fatti per costruire, per inter-cambiare, per fraternizzare, per far pensare, per educare. In sé stessi sono positivi». Proseguendo, Papa Francesco sottolinea anche l’aspetto negativo che traspare sul mezzo, ossia «la disinformazione: è probabilmente il danno più grande che può fare un mezzo, perché orienta l’opinione in una direzione, tralasciando l’altra parte della verità».

Il messaggio per i giovani. «Non abbiano vergogna della fede; non abbiano vergogna di cercare strade nuove». E prosegue in conclusione dell’intervista: «A un giovane io darei due consigli: cercare orizzonti, e non andare in “pensione” a 20 anni. È molto triste vedere un giovane pensionato a 20-25 anni, no? Cerca orizzonti, vai avanti, continua a lavorare in questo impegno umano».

Concludendo la sua ultima omelia del 2016, Papa Bergoglio non ha omesso di pronunciarsi con un ulteriore spunto a sostegno dei giovani, a cui si rivolge criticando dapprima la società odierna, colpevole di averli emarginati e non adeguatamente valorizzati, per poi spronarli con passione: «Il mondo si aspetta che le nuove generazioni “siano fermento di futuro”, seppur allo stesso tempo vengano “discriminate”. Se da una parte c’è una cultura che “idolatra la giovinezza cercando di renderla eterna”, dall’altra “paradossalmente, li abbiamo emarginati” e costretti a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono». Per un domani degno dei giovani, la scommessa unica per una vera inclusione sarà dunque quella incentrata a fornire loro l’efficace supporto per un lavoro dignitoso, libero e creativo, affinché siano essi quel vero fermento di futuro.

Andrea Coppola


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