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19 Ottobre 2016

UNA SETTIMANA DI ESCALATION

La situazione è ”piuttosto negativa, probabilmente la peggiore dal 1973”: così l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite Vitaly Churkin ha commentato – durante un’intervista rilasciata ad Associated Press – la settimana di escalation appena conclusasi.
Diverse infatti sono state le tensioni che, proprio perchè appartenenti ad ambiti diversi e quindi in grado di alterare nella loro eventuale sintesi gli equilibri inter-regionali, hanno animato il dibattito mondiale. Queste le principali:

I missili Iskander a Kalingrad – Considerati tra i vettori più sofisticati nello scenario mondiale, la notizia del dispiegamento di missili balistici Iskander (SS-26 stone) nella città di Kalingrad – enclave russa situata tra Lituania e Polonia – ha destato molta preoccupazione tra i paesi NATO. Capaci di trasportare testate nuclearie ed eludere i sistemi anti-missilistici in dotazione, la loro gittata stimata fino ad oltre i 500 km permetterebbe potenzialmente al Cremlino di colpire Berlino, oltre che tenere sotto minaccia di tiro (cosa peraltro già possibile attraverso il confine russo condiviso con le Repubbliche Baltiche) la Polonia e parte della Germania orientale.

Dopo le tensioni provocate dal reiterarsi di violazioni dello spazio aereo ad opera di caccia russi ai danni di Finlandia, Svezia, Estonia, Lettonia e Regno Unito avvenute nei mesi scorsi, questo fatto ha rapidamente riacceso i vecchi e profondi attriti riguardanti lo ”Scudo Spaziale” che perdurano fin dalla amministazione Bush. Da sempre Putin infatti, nonostante oggi il Cremlino releghi la questione ad una ”normale operazione di addestramento militare”, si è sempre dichiarato pronto ad ”implementare certe contromisure” contro i sistemi anti-missilistici NATO capaci di alterare gli equilibri militari.

Le ambiguità di Ankara – Dopo le violente frizioni con l’Europa in seguito al fallito golpe militare dello scorso 15 luglio, dovute ad una supposta ”mancanza di solidarietà” dei leader occidentali verso la Turchia, ed alle ambiguità di Ankara nella gestione della base di Incirlik, il clima sembrava essersi disteso a seguito delle rassicurazioni fornite dal governo turco alla delegazione dell’assemblea parlamentare NATO in visita nel paese.

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In questi giorni, tuttavia, sembra che i sogni egemoni del sempre più ”sultano” Erdogan si siano risvegliati, portandolo ad una nuova brusca sterzata nei suoi rapporti diplomatici sotto diversi fronti. Deciso ad aumentare la produzione interna di energia, è di pochi giorni fa l’annuncio sulla ripresa della realizzazione del Turkish Stream, giunto a seguito dell’incontro avvenuto il 10 ottobre ad Istanbul tra il presidente russo e quello turco; il precedente accordo era stato sospeso lo scorso anno a causa del deteriorarsi delle relazioni tra i due stati a causa dell’abbattimento di un caccia russo sul confine turco-siriano compiuto dalla Turchia.

Secondo il presidente del CdA di Gazprom, ”i primi lavori per la costruzione del gasdotto Turkish Stream inizieranno nel 2018” ed il suo completamento permetterà alla Russia di esportare il suo gas nei paesi dell’Europa occidentale, tra cui Grecia ed Italia, attraverso un canale atto palesemente a bypassare l’Ucraina che, infatti, non vedrà rinnovarsi il proprio contratto per il transito del gas ulteriormente. Il progetto, inoltre, si combina perfettamente con quello ormai già in essere della prima centrale nucleare ad Akkuyu, nella provincia di Mersin, che consentirebbe ad Erdogan di assicurarsi il 10% del fabbisogno nazionale in energia nucleare.

Altro settore nel quale Erdogan e Putin si sono ripromessi di rafforzare la reciproca cooperazione è quello tecnico-militare. Secondo Ntv, dopo aver cancellato nel 2015  l’accordo con la China National Precision Machinery Import & Export Corporation per i missili cinesi HQ-9, la Turchia sarebbe pronta a ricevere un’offerta dalla Russia per la fornitura di sistemi anti-missile da schierare a propria difesa. Una scelta che, pur non alterando irrimediabilmente gli equilibri regionali, consentirebbe da un lato a Mosca di acquisire un cliente membro della NATO in un momento di frizioni e proprio in un ambito oggetto di tensione, dall’altro permetterebbe ad Ankara di ottenere quella ”indipendenza” che a più tratti ha voluto dimostrare.

Come corollario, infine, il nuovo ambasciatore turco in Russia dovrebbe essere Lazip Dirioz, già segretario generale per la pianificazione e la politica di difesa della Nato.

Il dispiegamento delle Forze Nato – Proseguendo nella strategia decisa e dichiarata pubblicamente durante il Vertice di Varsavia, l’Alleanza Atlantica ha iniziato i procedimenti per il dispiegamento per la prima volta nella sua storia dei battaglioni militari nei Paesi Baltici e nella Polonia orientale, come gesto dimostrativo di contenimento verso la Russia sulla scia della strategia ”deterrenza e dialogo”.
Contestualmente, inoltre, è stato ordinato l’aumento dei pattugliamenti aerei e navali al fine di rassicurare quegli alleati che un tempo erano satelliti dell’Urss e che, soprattutto in questi giorni, si dichiarano fortemente preoccupati per le minacce russe. Quattro i battaglioni previsti per un totale di soldati compreso tra le tremila e le quattromila unità, tutti forniti dai vari paesi membri. Tra questi anche i militari italiani (140 uomini), che partiranno nella primavera del 2017 e contribuiranno con il loro esempio agli sforzi che l’alleanza sta compiendo per rassicurare i propri alleati, come dichiarato dal generale Pavel durante la visita nel nostro paese.

Infine, parlando di Russia, il segretario generale Stoltenberg, nonostante si sia dimostrato preoccupato dai continui bombardamenti su Aleppo e dalle continue attività militari provocatorie su larga scala ai confini dei territori NATO, ha dichiarato che la sua responsabilità è quella di ”prevenire la guerra” e ”conservare la pace”. In quest’ottica va dunque letto il dispiegamento delle forze atlantiche, una logica che prevede contemporaneamente sia la fase di difesa dei propri territori e di rassicurazione degli alleati, sia quella della diplomazia con gli altri attori dello scacchiere geopolitico. Una logica consapevole del fatto che purtroppo, come più volte verificatosi nella storia, il dialogo sincero possa esservi solo a parità di condizioni.

Valerio Gentili


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