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19 Settembre 2020

Popolari e leghisti. La politica vista dal presidente del Copasir Raffaele Volpi

di Luca Di Cesare, Responsabile Rapporti Territoriali Fondazione De Gasperi

 

Cosa è rimasto dell’eredità politica di De Gasperi? Popolari e populisti sono la stessa cosa? Cosa significa essere cattolici in politica? Abbiamo girato queste domande a chi la politica la conosce, e la fa, da tanto tempo. Raffaele Volpi, pavese, leghista della prima ora, oggi presidente del Copasir, il comitato di raccordo fra Parlamento, governo e agenzie di intelligence, non fa mistero di rivendicare le sue radici popolari e spiega perché, oggi, quella lezione politica appartiene a tutti quelli che ne sappiano fare tesoro.

 

Presidente, sappiamo che la sua storia politica non è stata estranea alla cultura della Dc, tra i cui fondatori ricordiamo Alcide De Gasperi, di cui la Fondazione porta appunto il nome. Chi oggi è erede di quella tradizione politica?

L’esperienza della Democrazia Cristiana è irripetibile per un elemento storico. Probabilmente serve una riflessione sui valori.Penso che ci sia un aspetto fondante: con Luigi Sturzo abbiamo sbagliato un punto alla base, cioè quello di tradurre le teorie economiche in quelle politiche, passando dal socialismo reale al liberismo. La politica non può essere subordinata all’economia ma deve essere in grado di governare i cambiamenti economici, altrimenti si rischiano i fallimenti che abbiamo vissuto.

 

Cosa direbbe ad un giovane che le chiedesse se si può essere oggi allo stesso tempo democristiani e leghisti?

Non si può essere democristiani perché non esiste più la Dc, ma si può essere popolari in qualsiasi partito. Io sono per il confronto.Oggi credo che ci siano delle anomalie nel sistema politico. La politica dovrebbe partire dall’interpretazione dei valori. Nel nostro Paese, per fortuna, apparteniamo tutti ad una radice valoriale comune, legata all’Occidente e all’atlantismo. È chiaro però che ci sono diverse declinazioni. Ritengo che parlare da un lato di un popolarismo non necessariamente centrista e dall’altro di un riformismo creerebbe un confronto più sano in questo momento.

 

Sentiamo molto spesso dire che esiste una domanda politica al centro, si parla di “moderati”. Chi sono, oggi, i moderati?

Penso che sia una declinazione meno interpretabile in assoluto. Il moderatismo è l’elemento personale per il quale ci si mette a servizio della politica o, meglio,un approccio più che una posizione politica. Questo significa che si può essere “moderati” in qualsiasi schieramento politico e ciò dovrebbe essere il richiamo per i giovani che vogliono impegnarsi nella politica.

 

Oggi in Europa il Partito Popolare europeo ha molte anime al suo interno che a volte sembrano parcellizzate, come spiega questa situazione?

È necessario un ripensamento da parte del Partito Popolare Europeo perché per molti anni in Europa ha governato con i socialisti europei. A mio avviso, rimane centrale la bontà del confronto politico. A livello sistemico, abbiamo una politica europea di compromesso; forse bisogna nuovamente considerare quali sono gli spazi comuni, ma tenendo a mente le differenze,anche perché nel Ppe ci sono delle diversità enormi; forse ha perso la sua anima più profonda di partito europeo.Oggi potrebbe essere considerato una coalizione e non più un partito.

 

Ci sono tanti cristiani in politica che rivendicano la loro appartenenza al cattolicesimo, De Gasperi ha sempre tenuto ben distinto i concetti di cattolici in politica e politici cattolici. Oggi cosa significa essere cattolici in politica?

Bisogna essere cattolici in un Stato laico. Il legislatore deve affermare i suoi valori sapendo che la legge ha un carattere generale perché è riferita a tutti gli italiani. Parlando delle riforme costituzionali, come dice quel vecchio detto, quando si fanno certe cose bisogna che i banchi del Governo siano vuoti.

 

De Gasperi è stato cristiano, europeo e democratico. Settant’anni fa ha operato una scelta di campo con l’entrata nella Nato, schierandosi con gli Stati Uniti d’America. Eppure ancora oggi, con un nuovo Oriente che si fa largo, la Cina, assistiamo all’eterna tentazione italiana di fare da ponte pontiere fra Est e Ovest. È giusto ribadire quella scelta di campo degasperiana?

La scelta di campo è necessaria, importante e non prorogabile. Cito spesso, anche se non riguarda la storia democristiana, il professor Andrea Carandini, che a mio parere è il più grande divulgatore di storia romana e di archeologia. In una importante presentazione, Carandini dichiarava che nella parte geografica occidentale, come in Grecia e a Roma, nascevano corrispettivamente l’Agorà e il Foro, mentre in Oriente sbocciavano le grandi dinastie. In fondo, è un richiamo storico a due visioni completamente diverse della vita sociale, ovvero, di quali sono le regole della vita sociale. Da tali valori si può determinare l’area di appartenenza, non per essere nemici di qualcuno, ma per essere sicuri che le amicizie abbiano delle fondamenta serie.


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