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10 Dicembre 2019

La versione di Blangiardo sul regionalismo differenziato

Come da consuetudine in Italia, il dibattito sul regionalismo differenziato ha portato ad una polarizzazione delle opinioni in merito alla proposta delle regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, di un ampliamento delle loro competenze in ambito sanitario e scolastico, con evidenti ricadute sulla ridistribuzione delle risorse fiscali tra Stato centrale e Governo regionale. Spesso, tuttavia, vengono tralasciati in questo dibattito elementi demografici e statistici, che tornerebbero certamente utili per una riflessione più accurata e precisa sul tema. Proprio per questo, la Fondazione De Gasperi ha intervistato Gian Carlo Blangiardo, Presidente dell’Istat e professore di demografia presso l’Università Milano-Bicocca, per avere un quadro più chiaro su una questione così complessa.

Dati alla mano, la richiesta di competenze aggiuntive nel governo regionale, secondo quanto
previsto dagli articoli 116 e 117 della Costituzione, da parte di Emilia-Romagna, Veneto e
Lombardia rappresenterebbe un turning point decisivo della questione settentrionale, ovvero
un rischio concreto di un aumento del divario economico e sociale tra Nord e Sud?
Ci troviamo di fronte ad un Paese, in cui ovviamente persistono differenze. L’Istat continua a monitorare attraverso una serie di indicatori statistici su base regionale, quella che viene tecnicamente definita come misura del benessere equo e sostenibile (BES). Si tratta di 12 parametri ( livello e qualità delle prestazioni erogate in ambito sanitario, scolastico, ecc.), con cui è possibile fotografare in maniera più precisa le differenti realtà regionali e locali italiane. Se ci soffermiamo ad una mera valutazione economica, è innegabile constatare la persistenza di un clivage, che una volta veniva identificato con l’immagine delle “due Italie”. Se si allarga, tuttavia, il campo d’analisi alle esigenze e ai bisogni del tessuto sociale italiano, si può scorgere invece una sorta di omogeneizzazione del quadro socio-demografico del Paese.

Ovvero?
Una volta vi era la tendenza statistica di un Meridione con un tasso di natalità nettamente superiore rispetto a quello dell’Italia settentrionale, mentre negli ultimi anni si è assistito ad un livellamento del trend demografico, in cui, tuttavia, è il Settentrione ad avere un indicatore di natalità leggermente superiore. Questo testimonia l’omogeneizzazione dei costumi e dei comportamenti della popolazione italiana: dal tasso di nuzialità e di divorzio, passando alle nuove e differenti richieste dei cittadini in termini di welfare State. Quest’ultimo aspetto si lega ad un altro tema cruciale delle nostre rilevazioni statistiche, ovvero quello dell’invecchiamento della popolazione italiana, che ormai riguarda in maniera indistinta l’intera comunità nazionale senza alcuna differenziazione tra Nord e Sud, con evidenti ricadute sulla sostenibilità del nostro sistema pensionistico e assistenziale. Ciò che rimane, tuttavia, fortemente polarizzato non è naturalmente la domanda di servizi da parte dei cittadini, ma l’offerta di servizi delle amministrazioni regionali e locali, con un evidente squilibrio a favore dell’Italia settentrionale. In tal senso, non deve stupire la costante crescita della cosiddetta migrazione sanitaria, di fronte ad una generalizzata situazione critica da parte delle regioni meridionali nell’erogazione di prestazioni e servizi sanitari ai propri cittadini. La questione cruciale, a mio avviso, si giocherà sulla ridefinizione di regole e meccanismi istituzionali per il ri-allineamento nazionale dell’offerta dei servizi assistenziali e previdenziali.

Con una crescente omogeneizzazione dei bisogni della popolazione italiana, la partita verrà
giocata essenzialmente sulla redistribuzione delle risorse fiscali?
La ridistribuzione delle risorse fiscali è un elemento fondamentale per intervenire sulle dinamiche sociali ed economiche dell’intero sistema-Paese, a fronte di una “coperta” economica sempre più corta. Qui entrano naturalmente in gioco valutazioni politiche. Tuttavia, se vogliamo che il Paese sia produttivo, dobbiamo cercare di incentivare le realtà più floride ad accrescere maggiore ricchezza, provando a risolvere le criticità di un apparato burocratico-amministrativo, che spesso si trasforma in un ostacolo e in un disincentivo all’impresa. In definitiva, occorre mettere ogni amministrazione – da quella locale fino a quella nazionale- di fronte alle proprie responsabilità.

Gian Marco Sperelli e Valerio Gentili, Comitato scientifico junior Fondazione De Gasperi

 


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