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16 Febbraio 2018

Intervento del Prof. Markus Krienke alla presentazione della mostra “Unione Europea, storia di un’amicizia” Roma, 13 febbraio 2018

L’Europa e i suoi ideali cristiani – Adenauer, De Gasperi, Schuman

Markus Krienke (Lugano-Roma-Milano)

 

 

Quando Adenauer scrisse a Schuman il 23 agosto 1951 che «tutto il peso dei compiti è sulle spalle di uomini, che come Lei, il nostro comune amico Presidente del Consiglio De Gasperi ed io sono pervasi dalla volontà di sviluppare e realizzare una buona costruzione del mondo europeo su nuovi fondamenti cristiani», egli stesso dà una risposta sia a chi mette in dubbio che ci sia stata una forma di vera amicizia tra i tre “Padri fondatori” dell’Europa, sia a chi ritiene il riferimento ai valori cristiani come non essenziale nel processo della costituzione dei fondamenti di ciò che oggi è l’Unione Europea. La mostra che oggi viene inaugurata in Palazzo Montecitorio presenta non solo le biografie di tutti e tre statisti nonché autentici esponenti dell’idea di “Democrazia cristiana”, ma anche documenti d’epoca come lettere, discorsi e materiale fotografico, per evitare che l’oblio di questa “storia di un’amicizia” porti sempre più a vedere nell’Europa soltanto un colosso burocratico, amministrativo e di potere tendenzialmente ostile alle sovranità nazionali.

Per dare una risposta ai due dubbi appena citati, è senz’altro chiaro che i primi successi – e anche fallimenti – del progetto europeo sono stati sempre anche frutto di meri interessi nazionali: quello francese di acquisire attraverso i trattati un controllo sulla Germania, quello della Germania di rientrare nella famiglia dei popoli liberi, e quello dell’Italia di ampliare il suo influsso in Europa, impedendo di essere esclusa dall’interesse della Francia e dell’Inghilterra alla Germania. E certamente Adenauer, De Gasperi e Schuman, per quanto siano stati motivati dai loro ideali condivisi, erano realisti e consapevoli del fatto che gli interessi nazionali non portano nuovamente a una situazione di conflitto solo se vengono costretti dentro patti e istituzioni concrete a livello sovranazionale. E che ciò che spinge le nazioni a tali passi possono essere sempre e soltanto interessi nazionali. Per questo, sapevano senz’altro che la pace e una nuova solidarietà si lasciava realizzare soltanto attraverso un’integrazione degli interessi nazionali a un nuovo livello politico – quello che tutti e tre condividevano non a caso grazie alla loro comune fede cristiana: nati e cresciuti tutti e tre in “zone di periferia” delle loro rispettive nazioni, era la dimensione universale della fede cristiana e l’affermazione incondizionata della dignità umana, che li fece agire, ancora indipendentemente l’un dagli altri, contro il potere politico nazionale: mentre Adenauer da borgomastro di Colonia si opponeva alla predominanza prussiana in Germania, nel senso di un più articolato federalismo che avrebbe consentito di collocare la produzione dell’acciaio e del carbone nella Ruhr al di fuori di meri interessi nazionalistici, De Gasperi e Schuman combattevano contro l’unificazione del sistema scolastico e per la libertà di insegnamento nelle scuole cattoliche. Tutti e tre trovarono poi nel periodo dei totalitarismi accoglienza in strutture ecclesiastiche (De Gasperi nel Vaticano, Schuman ed Adenauer in monasteri benedettini), dove studiavano la Dottrina sociale della Chiesa con i suoi principi della dignità umana, della solidarietà universale (non nazionale o partitica), e della sussidiarietà. Le encicliche di riferimento furono la “Rerum novarum” di Leone XIII (1891) e soprattutto la “Quadragesimo anno” di Pio XI (1931). Capirono, così, che la fede cristiana si traduce in ideali non solo morali, ma istituzionali e politici, dove si rivelano universali, cioè come espressione di una visione dell’uomo in quanto persona che non dipende da una fede o Weltanschauung particolare.

Quando avvennero i primi incroci, per motivi storici ovviamente sempre tra due dei tre, nel secondo dopoguerra (in realtà un primo incontro tra Adenauer e De Gasperi risale già al periodo tra le guerre), allora si incontrarono già da leader dei loro partiti cristiano-democratici. Il loro linguaggio comune – oltre il tedesco che tutti e tre parlarono in modo “originario”, da madrelingua o comunque sin dall’infanzia – era allora questa antropologia cristiana, cioè l’idea cristiana del valore incondizionato della persona umana, e delle conseguenze di questa idea per la politica e le istituzioni. Ciò si traduceva in un rapporto che senz’altro si può chiamare “amicizia”, certamente un’amicizia politica, ma che come ogni amicizia esprime un sentire comune, una fiducia di base, un sapere di avere un alleato, una cosa di massima importanza in politica, soprattutto in una situazione di massima ostilità, dopo la guerra più terribile della storia, tra i popoli europei. In altre parole, la loro “amicizia” era una vera e propria relazione, certamente tra loro tre, ma che simboleggiava anche una nuova relazione tra i popoli. Una relazione resa possibile grazie ai loro valori condivisi. Relazione che nei termini della Dottrina sociale della Chiesa si chiama solidarietà, e per la quale i nostri tre spesso usavano la parola “pace”. E forse è questa relazione che oggi è venuta meno in Europa, per cui le forze centrifughe (che ci sono sempre stati) si sentono con nuova veemenza.

Tale rapporto di stima ed amicizia emerge senz’altro da innumerevoli documenti, dai quali in occasione di questa apertura della mostra abbiamo estrapolato soltanto alcune affermazioni che ci fanno capire senz’altro diverse sfumature con le quali i tre hanno vissuto e interpretato quest’amicizia, ma che in nessun caso si limitano a mere formule di cortesia o di protocollo internazionale. Forse si potrebbe descrivere ciò che emerge da queste affermazioni come una “stima amichevole”. Consideriamo ad esempio quanto Adenauer afferma su Schuman: «Forse noi due siamo chiamati da Dio di dare un contributo prezioso per i nostri fini comuni in un momento decisivo per l’Europa». Come si vede, anche se tutti e tre interpretano i “valori cristiani” da laici, i riferimenti ad essi sono espliciti. A De Gasperi lo stesso Adenauer scrive: «Si deve soprattutto alla Sua iniziativa se in questi giorni i deputati della Ceca a Strasburgo affrontano la grande opera, cioè il progetto della costituzione politica dell’Europa. Come difficilmente alcun altro, Lei ha dedicato la Sua vita alla costruzione di questa nuova Europa. Lei persegue una via che è stimolo agli stanchi ed agli indifferenti, è sprone ai contrari e sorgente di forza a tutti i benpensanti». Vice versa, De Gasperi affermò su Adenauer: «Se cade Adenauer, bisogna considerare disturbato il completo equilibrio continentale», ma poi fa anche trapelare che oltre l’intesa tra di loro nelle questioni politiche europee, c’è sicuramente l’appezzamento dell’uomo Adenauer: «Adenauer, che nelle occasioni ufficiali sembra così freddo e riservato, nei contatti diretti e negli incontri personali è di suprema cordialità e familiarità. Ciò ha molto facilitato le conversazioni, dalle quali risulterà, come credo, qualche beneficio concreto per l’Italia». Su Schuman, De Gasperi pronuncia l’uguale stima amichevole: «Come Schuman ha fatto notare, l’idea della solidarietà europea si è attuata in vari istituti in mezzo a difficoltà straordinarie, e noi sappiamo quanto dobbiamo alla sua iniziativa e al suo spirito di realizzazione». La solidarietà, quindi, si realizza tramite istituzioni, ecco un tratto fondamentale della Dottrina sociale della Chiesa, ma certamente ciò presuppone persone coraggiose e piene di spirito di iniziativa. Su De Gasperi, Schuman invece rammarica che si sono «incontrati tardi nella vita, ma la nostra amicizia è stata profonda e senza riserve. […] Ella è stata spesso un mediatore efficace e disinteressato, sempre un animatore chiaroveggente e tenace». Ed anche di Adenauer, il politico francese ammira il suo spessore spirituale: «La Germania deve solo ad Adenauer, alla sua politica e alla sua personalità spirituale e morale, di essere tornata così presto e paritariamente nella famiglia delle nazioni».

Come emerge da queste affermazioni reciproche tra i tre “Padri fondatori”, la fede cristiana sta senz’altro alla base non solo della loro amicizia, ma anche del loro progetto europeo: non la fede ecclesiastica, che senz’altro era molto diversamente articolata in tutti e tre, ma le convinzioni dei valori dell’antropologia cristiana, cioè quale visione sulla persona e sulla politica deriva da essa. Per questo, loro non usavano un linguaggio “religioso”, “liturgico” o “spirituale”, ma usavano concetti politici, per esprimere, appunto, che questa loro visione, così la ferma convinzione di tutti e tre, non è espressione di una credenza individuale, ma presenta criteri universali per come impostare una futura politica per l’Europa. Non si deve dimenticare, infatti, che in parte dovevano realizzare le loro idee anche contro la resistenza della Chiesa e di alcuni vescovi. La loro convinzione dell’universalità della dignità umana come principio base della Dottrina sociale della Chiesa, emerge chiaramente da un’affermazione di De Gasperi nel 1954: «Voglio parlare del retaggio europeo comune, di quella morale unitaria che salda la figura e la responsabilità della persona umana col fermento di fraternità evangelica». Questa universalità della dignità umana per loro è non a caso la vera essenza della democrazia: «La democrazia è nata e si è sviluppata con il cristianesimo. Essa è nata quando l’uomo, secondo i valori cristiani, è stato chiamato a valorizzare la dignità della persona, la libertà individuale, il rispetto dei diritti degli altri e l’amore verso il prossimo. Prima dell’annuncio cristiano tali principi non erano stati formulati, né erano mai divenuti la base spirituale di un sistema di autorità».

Con queste parole, Schuman non vuole dire che la Chiesa sarebbe stata promotrice della democrazia, che nel contesto storico non corrisponderebbe certamente ai fatti, considerando che per l’intera modernità e in fondo fino al Concilio Vaticano II (1962-1965) essa ha condannato e rifiutato (fino all’inizio ’900) o, nel periodo che precede il Concilio, almeno parzialmente ostacolato la stessa democrazia. Schuman, con questa affermazione, infatti intende dire che con l’antropologia cristiana, cioè la visione cristiana dell’uomo com’è descritta nella Bibbia, è iniziata una nuova cultura che spinge verso la realizzazione di nuove forme politiche: in questo caso il superamento dei totalitarismi e nazionalismi verso la realizzazione europea della pace e della solidarietà. Tale dinamica corrisponde senz’altro alla convinzione di pensatori cattolico-liberali come Rosmini (1797-1855) o Sturzo (1871-1954), oppure quale viene espressa dai teoretici dell’economia sociale di mercato come Röpke (1899-1966), per il quale il «liberalismo» non è un’antitesi al cristianesimo, sebbene nella modernità si è realizzata la loro contrapposizione. Al contrario, esso sarebbe, sempre secondo Röpke, il «suo legittimo figlio spirituale», aggiungendo che si basa senz’altro anche su altre correnti di pensiero come la filosofia antica e l’illuminismo moderno. Ciononostante il cristianesimo ha amalgamato queste tradizioni e ha dato quella consistenza alla dignità della persona, alle idee di solidarietà e sussidiarietà, tale da costituire l’eredità spirituale-universale dell’Europa che ora, dopo l’esperienza dei totalitarismi e nazionalismi sarebbe finalmente l’ora di realizzarla.

Sta precisamente in questo punto, la comune convinzione degli “ideali cristiani” tra Adenauer, De Gasperi e Schuman. Infatti, proprio per quanto riguarda la solidarietà, Schuman afferma che proprio la sua realizzazione, come “ideale” cristiano e universale, è l’unica conseguenza possibile dalla storia bellica europea: «La solidarietà delle nazioni è il grande insegnamento del recente passato. […] Un’Europa forte e libera è la migliore garanzia per la propria sicurezza e per la pace in tutto il mondo. Nella nuova costruzione l’idea della pace e del lavoro in comune prendono una nuova forma concreta». E De Gasperi trovava le seguenti parole per questa convinzione: «lo spirito di solidarietà europea potrà creare, in diversi settori, diversi strumenti di salvaguardia e di difesa, ma la prima difesa della pace sta nello sforzo unitario che, comprendendo anche la Germania, eliminerà il pericolo della guerra di rivincita e di rappresaglia». Una nuova solidarietà per l’Europa, che però, non solo secondo la Dottrina sociale della Chiesa, ma anche secondo Adenauer, De Gasperi e Schuman, è inscindibile dall’idea di sussidiarietà, cioè quel valore che si traduce nel federalismo europeo e che è stato riconosciuto e affermato “ufficialmente” dal Trattato di Maastricht (art. 3B). «La realizzazione dell’integrazione europea non deve essere resa impossibile da una malattia dei nostri tempi: il perfezionismo. L’integrazione europea non deve essere rigida; deve essere per i popoli europei una corazza che striminzisca, ma al contrario deve essere per loro e per il loro sviluppo un appiglio comune, un sostegno comune per uno sviluppo sano che corrisponda agli interessi legittimi di tutti. Per questo motivo non ritengo necessarie le istituzioni sovranazionali […]. D’altro canto l’efficacia di una tale federazione non deve dipendere dagli interessi presunti di un unico membro». Ciò che Adenauer intende dire con queste parole è che non può esistere una perfezione istituzionale per l’Europa, per cui il suo sguardo deve essere sempre orientato alla singola persona: anche in Europa, la precedenza spetta alle istituzioni più vicine alla persona. Probabilmente è proprio questo principio che ormai abbiamo dimenticato nella burocrazia europea. Infatti, anche De Gasperi affermò: «Ho parlato da europeo, sì. Ma parlando da europeo, chi può credere che io non avessi in animo l’Italia?». La conciliazione di entrambe le dimensioni è la convinzione dei nostri tre statisti: e sono proprio gli ideali cristiani che rendono possibile per loro una tale sintesi. Per quanto riguarda Adenauer, rispetto a questa dimensione etica di fondo, che si esprimeva concretamente nell’intenzione di creare un’Europa dei popoli liberi contro la minaccia dell’Unione Sovietica – la quale nei suoi occhi rappresentava l’antitesi antropologica, cioè a livello degli “ideali” imprescindibili e non negoziabili – le concrete questioni istituzionali per lui erano decisamente di seconda importanza.

Queste dimensioni politiche degli “ideali cristiani” – dignità della persona, solidarietà, sussidiarietà, con le loro conseguenze per democrazia, federalismo e giustizia sociale – che sono quei valori universali affermati dai trattati europei fino ad oggi, senza che la “Costituzione europea” avrebbe voluto menzionare il riferimento a Dio, ma esprime senz’altro, almeno, il contributo storico delle radici cristiane, emergono – come è stato tentato di esplicitare – dai discorsi, dalle lettere e dall’agire di Adenauer, De Gasperi e Schuman. La mostra “Unione Europea – Storia di un’amicizia” mette pertanto a disposizione un pezzo da un discorso di tutti e tre che esprime proprio tale dimensione. Per concludere queste riflessioni, ne vorrei aggiungere altri tre pezzi, più brevi, e presi da tre altri discorsi di Adenauer, per confermare che abbiamo a che fare davvero con una costante delle loro convinzioni, e non soltanto di “ornamenti” aggiuntivi a qualche loro discorso “solenne”: Adenauer, certamente, non ha fatto riferimento agli ideali cristiani occasionalmente quando parlava in contesti cattolici. Magari in modo più “laico” e universale, ma cionondimeno con molto insistenza, ci si è riferito in modo costante e continuo.

In un discorso del 20 luglio 1952 Adenauer affermò: «Il nazionalismo, a prescindere dove e in quale forma esso appare, contraddice l’ordine divino. Rende lo Stato, o meglio in ogni popolo il proprio Stato, un idolo. Uno dei principi fondamentali del Cristianesimo è l’amore del prossimo e il rispetto del prossimo. Ora, questo principio non vale soltanto per l’individuo, ma anche per l’atteggiamento dei popoli gli uni nei confronti degli altri. Il nazionalismo offende questo principio del Cristianesimo». L’impatto degli “ideali cristiani” sulla politica e sulla futura forma politica dell’Europa sembra più che chiaro. Poi, il 16 aprile 1953 Adenauer viene a pronunciare: «Ma l’Europa non deve sprofondare. È il cuore della cultura occidentale-cristiana. Ha contribuito l’inverosimile per lo sviluppo dell’umanità. E sue forze spirituali, culturali, religiose, economiche e politiche non sono esaurite», certamente una frase che non ha perso niente della sua attualità, e andrebbe senz’altro riconsiderata. Infine, già il 20 ottobre 1950 aveva detto: «Stiamo vivendo in un tale periodo: in questo periodo si deciderà, se si salveranno per l’umanità la libertà, la dignità umana, il pensiero cristiano-occidentale, o se lo spirito delle tenebre e della schiavitù, questo spirito anti-cristiano sventolerà la frusta sopra l’umanità che sta indifesa a terra. Credetemi, amici, non esagero: parole sono troppo deboli per riportare ciò che minaccia i popoli liberi».

Sono questi gli ideali, espressi dalla penna di Adenauer, ma ritrovabili ugualmente negli scritti di De Gasperi e di Schuman, che segnano i primi passi dell’Europa, fino alla morte di De Gasperi nel 1954, con la quale chiude la “storia dell’amicizia” cioè anche la mostra. Schuman è uscito di scena già prima, consegnando il suo posto al suo successore. Adenauer, dal canto suo, porterà l’eredità di questo primo periodo di costruzione europea verso una nuova era di integrazione europea. Si potrebbe riassumere questo stile politico, che associa tutti e tre, e che si basava sulla “stima amichevole” reciproca, realizzandosi attraverso la traduzione degli “ideali cristiani” in politiche ed istituzioni concrete, anche con il termine “carità politica” (non a caso il titolo di una raccolta recentemente uscita, di discorsi politici di Papa Francesco, che ha definito la politica come «una delle forme più preziose di carità»): cioè una politica orientata non alla nazione e a interessi nazionali, ma – senz’altro attraverso questi – sempre orientata al valore ultimo della persona umana. E, certamente, soltanto guardando a persone, cioè politici, concreti, si possono scoprire queste dimensioni essenziali della politica. Per questo, la mostra che stiamo per inaugurare, rimedia ad un desideratum importante nell’attuale scenario politico europeo.


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