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28 Novembre 2016

CHINA IN A CHANGING WORLD

Durante la sessione che lo ha visto eletto come nuovo Presidente dell’Assemblea Parlamentare della NATO, svoltasi tra il 19 ed il 20 Novembre scorso ad Istanbul, l’On. Paolo Alli ha presentato al consesso un rapporto dal titolo “China in a Changing World”. Approvato all’unanimità dalla Commissione Politica, offre un’ampia panoramica sui possibili sviluppi futuri del colosso cinese rilevanti per gli Stati Membri dell’Alleanza Atlantica.

All’interno di uno scenario dove le sfide cercano di essere trasformate in opportunità, la visione del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, Segretario Generale del Partito Comunista Cinese e Presidente della Commissione Militare Centrale, viene descritta come principalmente proiettata verso una ricerca di stabilità interna, necessaria a garantire al Governo da lui guidato il tempo utile a varare quelle riforme necessarie per stabilizzare un paese caratterizzato da profondi e radicati squilibri economici e sociali.

Nonostante un tasso di crescita ancora molto maggiore rispetto ai dati provenienti dall’Europa, l’innegabile rallentamento di un’economia ancora fin troppo legata al credito pubblico delle aziende a conduzione statale (SOEs) non manca di destare serie preoccupazioni. Infatti tale politica economica, associata ai rischi derivanti dalle iniquità prodotte dall’esclusivo sviluppo delle aree costiere dello Stato, dalla presenza di circa 280 milioni di lavoratori migranti con basso accesso all’istruzione e senza accesso al welfare (che prima o poi dovranno rientrare in patria) e dal rapido invecchiamento della società (dovuto anche alla “politica del figlio unico”),  potrebbe concorrere sul lungo termine a far collassare su se stessa quella che è attualmente la seconda più grande economia del mondo sottoposta ai peggiori risultati degli ultimi 25 anni.

Iniziativa in grado di comporre unitariamente questi problemi e dalle enormi potenzialità economiche e politiche è la “Belt and Road initiative”.

Concepita come una moderna restaurazione della Via della Seta -comprendente sia una rotta marittima che una terrestre- questo ambizioso progetto viene ritenuto idoneo a sfogare la sovra-produzione cinese, soprattutto nel settore manifatturiero e siderurgico, grazie agli investimenti necessari alla costruzione di strade, rotaie e porti previsti al fine di connettere direttamente la Cina con la regione del Mediterraneo.
In grado di alterare gli equilibri geopolitici e militari grazie alla sfera di influenza che innegabilmente si genererebbe attorno questa imponente rotta commerciale, si stima che potrebbero essere fino a 60 i paesi coinvolti nel progetto, portando i commentatori cinesi a paragonare l’iniziativa, sia per le sue potenzialità che per i suoi effetti, al Piano Marshall di occidentale memoria.

Attenta ai suoi rapporti internazionali, Pechino sta divenendo progressivamente sempre più ambiziosa anche nella sua politica estera: dal 2015 il Renminbi è stato incluso nel paniere delle riserve monetarie del Fondo Monetario Internazionale (assieme al Dollaro, l’Euro, la Sterlina e lo Yen), offrendo al governo cinese un marchio di approvazione della comunità internazionale da sfruttare ad uso e consumo interno.

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Ancora più rilevante (e forse esplicativo delle reali intenzioni del governo cinese) è poi l’atteggiamento descritto rispetto una delle questioni calde del momento: il conflitto ucraino.
Seppur non abbia riconosciuto l’annessione della Crimea alla Russia, allo stesso tempo la Cina ben si è guardata dal condannare le azioni di Mosca. Alcuni osservatori hanno spiegato tale ambiguità rilevando similitudini tra i fatti avvenuti in Ucraina e quelli avvenuti nei mari meridionali ed orientali della Cina: infatti il governo di Pechino, nonostante la condanna subita nel luglio 2016 ad opera della Corte Permanente di Arbitrato dell’Aja nell’ambito della normativa internazionale UNCLOS, da anni continua a reclamare ed imporre la propria sovranità regionale per mezzo di varie operazioni aggressive atte ad escludere illecitamente i diritti degli altri Stati costieri della zona e comprendenti la costruzione di isole artificiali a scopo militare, continuando al tempo stesso le sue operazioni economiche nell’area (Stimati in 3,5 triliardi di dollari il valore degli scambi commerciali annuali passanti nell’area), mostrando così una chiara volontà egemone.

Con commerci che raggiungono i 300 miliardi di dollari offrendo 2 milioni di posti di lavoro cinese, altro rilevante rapporto descritto è quello con l’Africa ove la Cina, ormai da anni, possiede grandi interessi commerciali (soprattutto nella parte orientale del continente) finalizzati soprattutto all’ottenimento di materie prime chiave.
Già largamente partecipe alle missioni di Pace dell’Onu compiute in questa area, l’evoluzione della politica estera cinese è rilevabile qui anche nella relativa volontà di protezione dei propri interessi: sempre più agli investimenti economici sta venendo affiancata una tutela militare indiretta, nei pressi degli stessi.
Importante esempio di questo può essere ravvisato nel pronto annuncio da parte del Governo di Gibuti, susseguente quello di partecipazione dello stesso alla “Via della Seta Marittima”, della concessione di un avamposto militare cinese nel proprio territorio al fine di favorire le operazioni di anti-pirateria in grado di tutelare la rotta commerciale.

Altro ambito dalle straordinarie implicazioni al quale il governo presieduto da Xi Jinping si sta progressivamente interessando è quello relativo all’Artico. Territorio ricchissimo di risorse minerarie ed energetiche, nell’ultimo periodo sempre più governi si sono rivelati attenti alle enormi possibilità derivanti dall’apertura delle nuove rotte commerciali settentrionali, createsi a causa dello scongelamento dei ghiacci, capaci di ridurre enormemente i tempi di navigazione, e quindi di collegamento, con l’occidente.
Nonostante sia priva di sbocchi diretti sul Mare Artico, l’accesso allo stato di Osservatore Permanente del Consiglio Artico della Cina è da leggere come una chiara volontà di partecipazione alla discussione in atto con una chiara e dichiarata prospettiva volta ad istituire relazioni “win-win” tra tutti i players coinvolti.
Dette rotte, in combinato disposto con le già citate rotte commerciali di futura costituzione, potrebbero in ogni caso posizionare di fatto il colosso cinese come soggetto imprescindibile nell’ambito della competizione commerciale globale e questo, di certo, non passa inosservato.

Il rapporto si conclude con la valutazione che tutti questi elementi hanno numerose implicazioni, dirette ed indirette, per gli Alleati ed i partner NATO, sia dal punto di vista individuale che collettivo.
Nonostante la Cina sia l’unico Membro Permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU a non avere formali regole di ingaggio diplomatico con l’Alleanza Atlantica, molte sono innegabilmente le sfide comuni: anti-pirateria, anti terrorismo, sviluppo della legge internazionale (UNCLOS su tutte) e stabilizzazione della regione sono solo alcuni degli ambiti nei quali NATO e Cina condividono l’interesse ad un comune sviluppo e nei quali potrebbero trovare reciproco giovamento.

Tutte queste valutazioni (e le altre descritte nel Draft) pongono con chiarezza la necessità, in questo mondo sempre più interconnesso ed interdipendente, di far evolvere un rapporto fin troppo trascurato rispetto all’importanza dei players in gioco, le cui conseguenze potrebbero avere un grande peso.

Un rapporto in grado di descrivere le sfide poste dal governo cinese che, sul lungo termine, potrebbero avere effetti decisamente non trascurabili sui partner dell’Alleanza Atlantica a causa, ad esempio, delle modificazioni delle sfere di influenza nel Medio Oriente e nell’Africa in conseguenza delle nuove rotte commerciali previste dalla “Belt and Road initiative” o rispetto agli equilibri regionali nel Mare della Cina.

Quel che è certo è che, se quanto descritto dal rapporto diventerà realtà, i prossimi secoli rischieranno di vedere la comparsa, con ancor maggior decisione, di una nuova potenza egemone non ascrivibile ai due tradizionali blocchi (U.S.A. e Russia) che, nella nostra storia recente passata, avevano occupato tutti gli spazi apicali della dialettica internazionale e che si erano dimostrati gli unici in grado di influenzare vaste aree con la loro politica. Gli squilibri derivanti da questa possibile perdita a favore di un nuovo soggetto, la Cina guidata da un leader dalla chiara ed incisiva visione globale (e che sta accumulando un’enorme quantità di potere esclusivamente nelle proprie mani), sono tuttavia ancora non del tutto prevedibili.

Valerio Gentili

Leggi il Draft completo.


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