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29 Settembre 2016

L’EUROPA DEI MURI

Europa di Charlie, Europa di Orlando, Europa del Bataclan, di Dakka, della Brexit e oramai, Europa dei muri.

Verrà innalzato a Calais, nel nord della Francia, il muro anti migranti eretto a tutela del passaggio verso la Gran Bretagna. Dopo forse troppi “je suis”, l’Europa si vela di cemento nella speranza di celare la fragilità della propria identità storica dietro un chilometro di pietra.

Verrebbe da chiamarla, questa Europa, “l’Europa blindata”, coperta dalla stessa rabbia che infiammò l’Oriana, all’indomani dell’11 settembre, ma le mura innalzate allora erano di uomini stretti non tanto nel ricordo quanto nell’affetto ad una cultura dichiarata ed evidentemente sotto attacco.

Corsi e ricorsi, direbbe qualcuno, eppure no. No. Questo non è mai accaduto. Il mondo ha già difeso erigendo mura. Lo sanno bene quei berlinesi dell’est, gli ungheresi e gli sloveni, gli italiani dei monarchi e degli imperatori, la Russia nascosta del dopoguerra. Appena un chilometro e poi il nulla, un’idea abbozzata di difesa, senza identità e senza forza. La nostra Europa difende col vuoto, un vuoto di ideale.

Il nuovo rapporto annuale dell’UNHCR riporta un dato senza precedenti, 65.3 milioni di persone in fuga dalle loro case a fine del 2015, un dato in aumento rispetto ai 59.5 milioni di un anno prima. Ciò implica, come riporta l’UNHCR, che “con una popolazione mondiale di 7.349 miliardi di persone, 1 persona su 113 è oggi un richiedente asilo, sfollato interno o rifugiato”.

Il dato italiano è riportato daIla IOM secondo la quale, fino al 30 giugno 2016 sono sbarcati in Italia 78487 migranti, contro i 70354 sbarcati nello stesso periodo del 2015.

Scappano da guerre, conflitti, violenze e paura. Scappano inseguendo la speranza che il sogno europeo ancora esista.

È strano ricordare oggi che l’Europa unita nasce proprio dall’orrore della guerra e dalla fuga dalle violenze quando, a partire dal 1946, gli europei erano determinati a impedire il ripetersi delle devastazioni susseguite alla seconda guerra mondiale.

Nostra patria Europa, la chiamava De Gasperi, “I popoli che si uniscono, spogliandosi delle scorie egoistiche della loro crescita, debbono elevarsi anche a un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguitati. Lo sforzo di mediazione e di equità che è compito necessario dell’Autorità europea le darà un nimbo di dignità arbitrale che si irradierà al di là delle sue giuridiche attribuzioni e ravviverà le speranze di tutti i popoli liberi”.

Nata da un ideale, l’Europa di oggi si scontra con la paura e l’incertezza. La paura dei migranti, la sfiducia verso i vertici europei. Agli albori del sogno, nei primi del 2000, quasi il 60% degli italiani esprimeva fiducia verso le istituzioni comunitarie, oggi quella stessa fiducia è calata al 27%. Alla sfiducia sembra attualmente non esserci risposta: lo prova il fatto che gli accordi di Schengen siano in bilico, visto che in Italia il 48% della popolazione vorrebbe ripristinare controlli permanenti alle frontiere e un altro 35% lo farebbe solo in circostanze particolari, mentre appena il 15% manterrebbe gli accordi intatti.

La storia è scossa dall’attualità che si impone con nuove crisi e nuovi scenari, i nuovi muri cristallizzano le distanze tra l’Europa e il suo sogno, tra il presente e quella remota memoria dell’ideale che nella storia ha fatto dello scontro un’occasione e del dibattito una strada.

Giada Martemucci


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