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8 Luglio 2016

LA CORSA PER L’ARTICO

La ‘’Polar Rush’’ si sta svolgendo sotto traccia. Gli interessi in gioco, specialmente sul lungo periodo, sono altissimi. I paesi che si stanno muovendo maggiormente in questa direzione sono Russia e Cina, che intendono assicurarsi una posizione di vantaggio sia per lo sfruttamento delle risorse energetiche presenti nell’Artico che per il controllo delle nuove rotte mercantili, che si stanno aprendo a causa dello scioglimento dei ghiacci. La Russia, in quanto membro del Consiglio Artico, è attratta in misura sempre crescente dalle risorse naturali della regione e dalla possibile estensione dello spazio geopolitico a suo favore nel nostro pianeta. Non è un caso che stia incrementando e rafforzando le basi di soccorso, in particolare nella vasta penisola siberiana dello Yamal, per le navi container che dovrebbero andare a rifornire partner commerciali come il Giappone, risparmiando in tal modo almeno il 40% del tempo rispetto alle ormai consolidate rotte a sud. La Cina del resto, pur non facendo parte del Consiglio Artico, ma partecipando ad esso come osservatore esterno, ha preso la decisione di costruire un’ambasciata a Reykjavìk, capitale della repubblica islandese, in grado di ospitare fino a 500 persone, a dimostrazione del fatto che gli obiettivi politici cinesi sono sempre più grandi in quest’area.

Si può già prevedere nel futuro prossimo una completa militarizzazione della regione artica? Certamente chi sta investendo oggi in questa zona, avrà innumerevoli vantaggi geostrategici ed economici nei prossimi 10-15 anni. Si tratta di una politica che non darà frutti nell’immediato, ma soltanto nel medio-lungo periodo. Quindi non appare strano che la Groenlandia cominci ad avanzare sempre più frequentemente richieste indipendentiste nei confronti della Danimarca, comprendendo che il progressivo scioglimento dei ghiacciai faciliterà le attività di estrazione mineraria. Rimangono invece ancora in disparte e poco interessati nei riguardi dell’Artico gli Stati Uniti, nonostante facciano parte del Consiglio Artico come membro fondatore dal 1991. Probabilmente ancora per poco, se si considerano le mire egemoniche sulla regione da parte della Russia di Putin.

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L’Europa, dal canto suo, non può permettersi di restare indietro in un’area dal così grande potenziale economico e strategico. Una nazione che ha dimostrato negli ultimi anni un vivo interesse per gli sviluppi politici della regione artica, è l’Italia: il nostro paese è stato infatti nominato nel 2013 come osservatore permanente nel Consiglio Artico. Si tratta per l’Italia di un importante riconoscimento, alla luce del grande impegno italiano nella regione sia in ambito scientifico – è da tener presente la costruzione di piattaforme osservative come la Climate Change Tower a Ny Alesund nelle isole norvegesi Svalbard – sia nel campo economico grazie agli investimenti dell’Eni in programmi di estrazione in Russia e Norvegia. Da pochi mesi l’Eni ha dato il via alle attività della piattaforma galleggiante “Goliat” al largo della Norvegia, in grado di arrivare ad estrarre fino a 100 mila barili al giorno, confermandosi in quell’area come uno dei leader nel settore energetico. Colossi come Eni e Fincantieri si spendono anche per il miglioramento delle condizioni di sicurezza dei trasporti marittimi (Oilspill) e per la riduzione dell’impatto ambientale in un ecosistema particolarmente fragile a causa del riscaldamento globale. Questo insieme di cose altro non è che la base su cui costruire una importante e fruttuosa collaborazione con i paesi dell’Artico. Infatti non è un caso che alla fine del 2015 sia stato pubblicato per conto del Ministero degli Affari esteri un importante documento dal titolo “Verso una strategia italiana per l’Artico: linee guida nazionali”, e contemporaneamente il deputato e Vice Presidente dell’assemblea parlamentare Nato Paolo Alli abbia presentato alla commissione Affari Esteri della Camera una proposta di indagine conoscitiva sull’Artico. Condurre e creare gruppi di collaborazione e di amicizia con i parlamenti islandesi e norvegesi, risulta una strategia vincente se si ha la volontà concreta di perseguire una politica comune nell’Artico.

Gian Marco Sperelli


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