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7 Aprile 2020

Prove tecniche di “unità nazionale”? Il Copasir al tempo del Covid-19

di Gian Marco Sperelli

Per tutelare e proteggere la sovranità politico-economica italiana ed europea, occorre un generale ripensamento del ruolo e delle competenze dello Stato di fronte all’attuale emergenza sanitaria. Per comprenderne sommariamente la portata storica, la Fondazione De Gasperi propone una breve analisi sul Copasir: un attore istituzionale sempre più al centro del dibattito politico in queste settimane così critiche per il Paese.

 

“Il concetto di strategico è una colossale sciocchezza. Se io guadagno facendo magliette e perdo costruendo astronavi, per me strategiche sono le magliette, non le astronavi. Eccezione è, forse la produzione destinata alla difesa.” Così Carlo Scognamiglio, allora Presidente della Commissione del Ministero del Tesoro per le privatizzazioni nel 1993, liquidò in poche battute il nesso tra la strategicità delle filiere produttive e la difesa dell’interesse nazionale. A distanza di oltre 25 anni quella analisi risulta a dir poco superficiale, soprattutto di fronte all’esplosione di una crisi economico-sanitaria senza precedenti come quella odierna. In un momento così drammatico, da più parti si sono levate voci a favore di un Esecutivo di unità nazionale o – quanto meno- di una cabina di regia condivisa tra forze di maggioranza e di opposizione, per affrontare al meglio una delle sfide più difficili della nostra parabola repubblicana e dell’intera storia dell’Unione Europea.

Allo stato attuale delle cose, l’unica istituzione, sia per la natura della sua composizione ( 5 deputati e 5 senatori in proporzione al numero dei gruppi parlamentari con una Presidenza spettante per legge ad un esponente dell’opposizione) che per le competenze di controllo su un ampio spettro di ambiti sulla sicurezza nazionale del nostro Paese, in grado di rappresentare un esempio operativo di una unità nazionale politica è probabilmente il Copasir ( Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica). A rafforzare tale ipotesi, vi è, inoltre, l’obbligo in seno al Copasir di assumere le decisioni se non tramite la modalità del consensus, rendendo di fatto necessario il raggiungimento di un’intesa bipartisan tra i componenti dell’organo di controllo.

L’attenzione del Comitato di Palazzo San Macuto, dopo le note vicende in merito alla sicurezza della nostra futura rete 5G in mano alla cinese Huawei, si è rivolta ad un allargamento del perimetro della normativa sul golden power, includendo tra le filiere industriali strategiche aziende nei settori farmaceutico ,bio-medico, fino ad arrivare a quello dell’energia e dei trasporti, senza dimenticare il comparto bancario-assicurativo, messo a dura prova qualche settimana fa dal crollo di Piazza Affari con ripercussioni sui livelli di capitalizzazione di importanti gruppi. Partendo dalla legislazione quadro dell’Ue ( Regolamento sullo screening degli investimenti esteri diretti nell’Unione Europea), l’Esecutivo, attraverso l’ultimo decreto-legge licenziato dal Consiglio dei Ministri, ha valutato – su richiesta dello stesso Copasir- positivamente la possibilità di estendere i poteri speciali di veto del Governo, in merito ad investimenti non soltanto extra-europei, ma anche intra-europei volti ad intaccare o indebolire la governance di aziende strategiche del nostro Paese. Il rischio è che dietro ad alcuni investitori europei oppure all’interno dell’Efta (Associazione europea del libero commercio) si nascondano mire predatorie di società o fondi sovrani extra-europei nei confronti di aziende italiane ed europee in grave difficoltà a seguito dell’emergenza da Covid-19.

Un altro nodo da sciogliere è, certamente, la ridefinizione del ruolo di Cassa Depositi e Prestiti nei mesi successivi all’emergenza sanitaria. All’interno del Copasir, infatti, è stata rilanciata più volte l’eventualità di trasformare la Cdp in una sorta di fondo sovrano, in grado di sostenere e ricapitalizzare, anche con l’appoggio di investitori privati, aziende e filiere strategiche del nostro sistema produttivo ed industriale, sulla falsariga di quanto avviene in Germania con la Banca dello sviluppo tedesca (KWF). Tale ipotesi appare non di facile realizzazione, per via della presenza delle fondazioni bancarie nella governance della Cdp. Sempre in questa direzione, un’altra soluzione possibile potrebbe giungere da una eventuale potenziamento di un ente come Invitalia (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa), essendo una società per azioni partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Tuttavia, tale ragionamento non dovrebbe condurci all’ennesima resurrezione acritica dell’Iri, perché a distanza di anni hanno ancora un grande significato in questo dibattito le parole dell’ex liquidatore dell’Efim (Ente partecipazioni e finanziamento industrie manifatturiere) Predieri: “Non hanno senso i gruppi in cui si fa di tutto, dalle ostriche in scatola ai carri armati”. Un vecchio monito ancora utile ai giorni nostri per andare, forse, oltre l’emergenza sanitaria contingente. Magari anche oltre la cronica crisi della politica italiana ed europea.


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